Non sa. Non sa se è questo, l'amore, questo strofinare di stoffe, questo frugare caldo e aspro, e le dita, le dita dappertutto, mani che non hai imparato e vanno dove mai mano estranea si è posata, una forza, un affanno, volere e non volere, ah, e qui, e questo, dove, cosa, perché, e poi quel dolore, acuto, strappato, che le mozza il respiro e non smette, anzi, si fa più intenso, più insistente, un dolore senza pietà, un raspare di carne dentro la carne, ah no, non così, no, no, ma dire no è inutile, non cambia niente, e intanto un'altra sé , quieta e composta, la guarda da molto lontano, gli occhi laghi di compassione. Compassione, perché poi? E se fosse proprio questo, invece? Se deve essere questo? Non sa, non sa più, e ancora ascolta il dolore stamparsi dentro di lei, inchiodarla al muro, rubarle dalla gola un suono che non vuole perché non è suo, non le appartiene, non è voce, non è risata e nemmeno pianto, è un suono orribile, di sofferenza animale, animale e basta, e poi, ma quanto dura? Ma non finisce mai? E dopo, quando finalmente è finito e le pieghe della veste ricadono a nascondere la ferita, ancora quella domanda, la stessa: ma è questo l'amore? Ma questo è amore?
(Beatrice Masini, Tentativi di botanica degli affetti)