giovedì 3 febbraio 2011
Il discorso del re
È la storia di Bertie, Duca di York, ma potrebbe essere quella di qualsiasi uomo che, a causa di una grave forma di balbuzie, convive sin da piccolo con l'insicurezza e un forte complesso di inferiorità, all'interno della sua stessa famiglia: il padre è burbero e l'esuberante fratello lo prende in giro.
Certo, quando quest'uomo è il secondogenito di re Giorgio V, e con un pezzo di storia sulle spalle, il problema è più complesso. La balbuzie gli blocca le parole. Proprio mentre nel mondo un altro "leader" inizia a fare la sua folle propaganda.
L'Inghilterra aspetta il suo Re. E anche la radio.
"Perché Bertie ha una profonda voce interiore ma non riesce ad esprimerla. E per rappresentare il suo popolo deve capire se stesso e tirare fuori ciò che possiede." (cit.).
Ci vogliono una moglie premurosa ma decisa, un simpatico ed eccentrico logopedista (e attore fallito!) di origine australiana e tanta forza di volontà per superare la paura. B-bb-bb-bertie diventa Re Giorgio VI. Pronto a guidare, anche con la voce, il suo Paese. E pronto ad aprirsi a una meravigliosa amicizia.
La regia è convincente. Tom Hooper, passando dalla Tv al cinema, se la cava bene. Particolari le inquadrature dal basso, quasi a rendere caricaturali i lineamenti, o dall'alto. I microfoni, inquadrati dal regista in primo piano, sono grandi e minacciosi.
Punti di forza: gli attori (Geoffrey Rush è strepitoso, come Colin Firth) e i dialoghi.
Punto debole: la lunghezza (sono troppi 111 minuti.)
Nel finale ho sofferto insieme al re. Percepivo l'ansia. Come prima di ogni esame universitario!
Tre stelline ***
p.s.: gli amanti harrypotteriani/burtoniani non possono non riconoscere la grande Helena Bonham Carter e "Codaliscia" Timothy Spall, qui nel ruolo di Winston Churchill.
The King's Speech
Tom Hooper
Gran Bretagna, Australia 2010
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