martedì 9 aprile 2013

Cara Margaret Thatcher


Cara Margaret Thatcher,
mio fratello non vorrebbe che io facessi questo, quindi non posso dirle il mio nome. Mio fratello è uno degli aderenti allo sciopero della fame e io non voglio che muoia. Lei dice che un reato è semplicemente un reato e che non esiste una cosa come un reato politico. Ma ci sono dei momenti in cui non si ha altra scelta che lottare. Mio fratello crede che sia uno di questi momenti. Non so se abbia ragione. Non lo so davvero. Ma una cosa è certa. È un momento di odio e sta andando sempre peggio.
Non ci sono vincitori in questo sciopero, solo sconfitti. Mio fratello perderà la vita. Io perderò mio fratello. Nelle strade, altre vite vengono perdute ogni giorno. Lei perderà voti e sostenitori, forse anche il suo posto nella storia. E la speranza: perderemo anche quella. Tutti noi. Non c’è una via d’uscita ?
Gli scioperanti non cambieranno idea. Ho fatto visita a mio fratello e ho visto la sua faccia. È felice di morire. Lei è l’unica persona che può salvarlo, Signora Thatcher. Può andare contro quelli che ritiene i suoi principî. Ma salverà la sua vita e quella di molti altri, e questo non è forse un principio migliore che non dare agli scioperanti lo status di categoria speciale che vogliono?
Ogni morte allontana sempre piú la pace. Ogni funerale genera piú odio. Ci salvi da questa violenza, da questa disperazione. Mia madre prega Dio ogni domenica in chiesa. «Dí soltanto una parola e io sarò salvato». Per favore. Laggiú a Westminster. Dica quella parola. «Sí». Non lo rimpiangerà mai. Mai.
Da un sincero cittadino.

Fergus guardò il lavoro. Morte. Pace. Odio. Principio. Reato. Era come se un Fergus piú vecchio, piú saggio, da vent’anni nel futuro avesse curvato il tempo e riportato la sua mente a questo se stesso piú giovane per scrivere questa lettera. Di sicuro era persuasiva. Di sicuro chiunque ci avrebbe pensato sopra due volte leggendola. Di sicuro…
Mettila in una busta. Indirizzala alla Camera dei Comuni. Prima di cambiare idea.
Poi pensò ai lunghi corridoi del potere, ai segretari che controllano tutto, ai sacchi postali ricolmi di lettere di sinceri cittadini, le molteplici suppliche del regno; e la voce stridula e intransigente della donna in questione.
Non la vedrà mai. E tantomeno si farà commuovere.
Spediscila lo stesso.
Inarcò le sopracciglia alle parole “un sincero cittadino”. Le cancellò con un tratto di penna, pensando alle corse che faceva per Michael Rafters. Che cosa c’era di sincero in quello? E di quale nazione era cittadino? Gran Bretagna? Irlanda? Lui chi era ? Che cosa sarebbe diventato?
Posò la penna e strappò la lettera. Poi portò il cestino con tutte le bozze fuori nel giardino e le bruciò per incenerirle. Quando le fiamme si spensero, sparse le ceneri sulle aiuole di fiori, imprecando sottovoce.

(Siobhan Dowd, La bambina dimenticata dal tempo)