venerdì 26 dicembre 2008

Il vento

Quanto solitario deve sentirsi il vento di notte
quando la gente spegne le luci
e tutto ciò che ha un tetto
spranga le imposte e sta dentro

Quanto vanitoso deve sentirsi il vento alla mezza
passeggiando con musiche scorporate
correggendo gli errori del cielo
e chiarificando il paesaggio

Quanto forte deve sentirsi il vento di mattina
accampandosi su mille aurore
sposandole e ripudiandole tutte
poi innalzandosi al suo tempio sovrano

(Emily Dickinson)

domenica 21 dicembre 2008

Pensieri della domenica




"...come ci si sente stupidi a pensare a tutto il tempo che sprechiamo a desiderare di essere altrove."





(La solitudine dei numeri primi, Paolo Giordano)

martedì 16 dicembre 2008

venerdì 12 dicembre 2008

A Natale regala dignità



Un mondo di idee per i regali di Natale, quello del Commercio Equo e Solidale. Per sostenere concretamente un modello economico diverso, che genera solidarietà e costruisce partnership con artigiani e contadini di Africa, Asia e America Latina.
Comprando prodotti "solidali" si sceglie di far girare un'economia di giustizia, sostenere un mercato libero da sfruttamento e speculazioni finanziarie.
Un dono Altromercato è bello e di qualità, perché prodotto artigianalmente o con materie prime coltivate da contadini del Sud del mondo, nel rispetto dell'ambiente. Un dono Altromercato rispetta le donne e gli uomini che lo producono, perché viene pagato equamente e permette una vita dignitosa.

* MILANO - Banco di Garabombo

Dove: via Marco Pagano
Periodo: dal 15 novembre 2008 al 6 gennaio 2009

Per saperne di più:

www.altromercato.it/it
www.commercioequo.org

giovedì 11 dicembre 2008

Raccolta personal-differenziata


E' successo. E' successo di nuovo. Ieri sera. Mi sono trovata in mano una putrida confezione, contenente ormai solo rimasugli di cibo, realizzata con un non identificato materiale e non sapevo in quale sacchetto gettarla. Eppure dovrei sapere. Ho ripassato un sacco di volte la lezioncina: plastica e lattine → sacco giallo; avanzi di cibo → sacco nero; carta e giornali → bidone bianco condominiale; vetro → bidone verde condominiale. Ma esiste sempre qualcosa di non catalogabile. E la ruota dei dubbi ricomincia a girare.
Ho deciso che inventerò una mia personale raccolta differenziata... che so, in base ai colori, come si fa con il bucato, bianchi, colorati e capi scuri. Oppure seguendo la hit parade suggerita dalle mie papille gustative, che va dal sacco "gourmet" da cinque forchette a quello "da vomito" da zero forchette. Una sorta di Gambero rosso della rumenta.

sabato 29 novembre 2008

domenica 9 novembre 2008

giovedì 6 novembre 2008

Reazioni


Dopo la vittoria di Barack Obama:

1) ho visto finalmente un barlume di speranza sulle facce della gente dopo giorni e giorni in cui si è parlato solo di crisi
2) non l'hanno più chiamato "Osama Bin Laden"!
3) è arrivata lesta lesta e puntuale (come le tasse!) la gaffe di Silvio... che in realtà, lui, da quella nave da crociera non è mai sceso...

sabato 1 novembre 2008

I ragazzi di piazza Navona


Piazza Navona è una delle più belle piazze di Roma, con le sue tre fontane, il mercato e i pittori. Mercoledì 29 ottobre è stata al centro della manifestazione contro il decreto Gelmini, contestazione che è sfociata in violenti disordini e pestaggi tra studenti «rossi» e «neri».
Da quanto scritto sulla stampa gli studenti di sinistra hanno iniziato un fitto lancio di oggetti, sedie e tavolini prelevati dai bar della piazza, mentre quelli di destra, arrivati a bordo di un camioncino, hanno inziato a menare duro con manganelli e cinghie. Il fatto più grave emerso è che pare che la Polizia in un primo tempo abbia lasciato fare e sia intervenuta dopo una decina di minuti.
Diversa è stata la versione ufficiale del governo da parte del sottosegretario dell'Interno Francesco Nitto Palma, che ha dichiarato che l'operato delle forze dell'ordine in quel frangente è stato «ispirato a criteri di equilibrio e prudenza, cercando di tutelare la libertà di espressione e la sicurezza e l'incolumità pubblica». Il sottosegretario all'Interno ha voluto precisare che gli «scontri più duri a piazza Navona sono stati avviati da un gruppo di circa 400-500 giovani dei collettivi universitari e della sinistra antagonista» e che gli agenti non sono intervenuti direttamente a piazza Navona durante i primi momenti di tensione tra «rossi» e «neri» per evitare di acuire le ostilità.
Il governo, c'era da aspettarselo, difende la polizia e copre gli squadristi del Blocco studentesco. Peccato che esistano diverse immagini e testimonianze da parte di insegnanti che inchiodano i fascisti e smentiscono il ministro degli Interni...
Sottolineando che sono da condannare gli atti vandalici, tutti, e l'uso gratuito della violenza, ancora una volta quella che ne esce veramente male è la Polizia. Totalmente al servizio della politica e non dei cittadini. E noi ci dovremo sentire tutelati e protetti dalle forze dell'ordine?

venerdì 31 ottobre 2008

Buon appetito



Una ricetta magica per abbandonare il mondo babbano e prepararci alla tenebrosa notte di maghi e di streghe.













POLLO ALLA HOGWARTS (da "Harry Potter e la pietra filosofale")

Ingredienti

Per 6 persone

12 fusi di pollo
50 g di burro ammorbidito
sale q.b.
2 cucchiai pane grattato
1 cucchiaio prezzemolo tritato
50 g burro

Procedimento

Spalmate i fusi di pollo con il burro e adagiateli su una teglia imburrata, spolverizzateli con del pane grattato, mettete su ogni fuso un fiocco di burro e fateli cuocere in forno a 200 gradi per circa 45 minuti, fino a quando risulteranno belli dorati. Servite con pannocchie bollite.

giovedì 16 ottobre 2008

I cento passi

Allora forza. Conta e cammina...



I cento passi
Marco Tullio Giordana
Italia 2000

martedì 14 ottobre 2008

Odi et amo





Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
(Catullo, carmen LXXXV)

Ti odio e ti amo. Come possa fare ciò, forse ti chiedi.
Non lo so, ma sento che così avviene e me ne tormento.

martedì 7 ottobre 2008

Lesson n. 1


Basta! Mi sono detta basta. Non posso andare avanti così e fare finta di niente. Va al di là del mio rifiuto verso l'economia e l'odio verso le banche. E così mi sono fatta una full immersion di paroloni come aumento di capitale, sospensioni al ribasso, crisi dei mutui, Euribor, bond...
Ecco, adesso ne so di più. Ma ho un gran mal di testa.

domenica 5 ottobre 2008

Conflitti interiori


"... Lui dice che noi non siamo qui per correggere le nostre alterazioni ma per imparare a convivere con esse. E che uno dei nostri problemi principali è di riconoscere queste alterazioni e accettarle...".

(Norwegian Wood - Haruki Murakami)

martedì 23 settembre 2008

Anche questa è arte!



Juventus - Zenit 1 - 0

Ribadisco che il calcio non mi piace più. Ma questo va oltre il calcio.

La ricerca della felicità


Dopo aver concluso il loro "Amen - Tour" i Baustelle, gruppo musicale toscano il cui nome deriva da una parola tedesca, che significa "cantiere/lavori in corso", sono partiti alla volta di Berlino. Nella capitale tedesca si sono esibiti in un bel concerto, e hanno realizzato diverse interviste per le strade della città. Una sorta di inchiesta per immagini dove una serie di persone raccontano la loro storia, spiegano come mai sono finiti a vivere lì, come si trovano, cosa pensano. Guardando in anteprima il documentario, pare che Berlino, a differenza di altre capitali europee, sia "la città dell'eccezione", dove gli affitti sono bassi e i giovani e gli artisti corrono a frotte. Dove resitono la libertà, soprattutto d'espressione, e tolleranza. Ma sarà veramente quest'oasi di felicità? E se sì, per quanto durerà? Una cosa è certa: l'idea di allontanarsi (per qualche anno) da Milano e dall'Italia è forte.

giovedì 18 settembre 2008

Proposta indecente















Anzichè l'orario scolastico, perché non riduciamo le ore e i giorni di lavoro?!

venerdì 22 agosto 2008

In una parola: vivere!



"... A nascere sono buoni tutti! Persino io sono nato! Ma poi bisogna divenire! Crescere, aumentare, svilupparsi, ingrossare (senza gonfiare), accettare i mutamenti (ma non le mutazioni), maturare (senza avvizzire), evolvere (e valutare), progredire (senza rimbambire), durare (senza vegetare), invecchiare (senza troppo ringiovanire) e morire senza protestare... Un programma enorme, una vigilanza continua... perché a ogni età l'età si ribella contro l'età..."
(Signor Malaussene - Daniel Pennac)

domenica 17 agosto 2008

L'uomo e il mare


Uomo libero, sempre tu amerai il mare!
Il mare è il tuo specchio;
tu miri, nello svolgersi infinito delle sue onde, la tua anima.
Il tuo spirito non è abisso meno amaro.
Ti compiaci a tuffarti entro la tua propria immagine;
tu l'abbracci con gli occhi e con le braccia,
e il tuo cuore si distrae alle volte dal suo battito al rumore
di questo lamento indomabile e selvaggio.
Siete entrambi a un tempo tenebrosi e discreti:
uomo, nessuno ha mai misurato la profondità dei tuoi abissi;
mare, nessuno conosce le tue ricchezze segrete,
tanto siete gelosi di conservare il vostro mistero.
E tuttavia sono innumerevoli secoli che vi combattete
senza pietà né rimorsi,
talmente amate la carneficina e la morte,
eterni lottatori, fratelli.

(Charles Baudelaire)

mercoledì 30 luglio 2008

La solitudine dei numeri primi


I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell'infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo più in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che a anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci. Il secondo pensiero lo sfiorava soprattutto di sera, nell'intrecciarsi caotico di immagini che precede il sonno, quando la mente è troppo debole per raccontarsi delle bugie.
In un corso del primo anno Mattia aveva studiato che tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché tra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. Numeri come l'11 e il 13, come il 17 e il 19, il 41 e il 43. Se si ha la pazienza di andare avanti a contare si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrato fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli. Poi, proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in altri due gemelli, avvinghiati stretti l'uno all'altro. Tra i matematici è convinzione comune che per quanto si possa andare avanti, ve ne saranno smepre altri due, anche se nessuno può dire dove finchè non li si scopre.
Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini... ma non abbastanza per sfiorarsi davvero.

(La solitudine dei numeri primi - Paolo Giordano)

mercoledì 23 luglio 2008

Scordiamoci di lei!


Sono al supermercato alla cassa, radio in sottofondo, e la cassiera canta "Non ti scordar di meeeeeeee". Mi collego a Internet e appare il banner con una coloratissima scritta che mi chiede se voglio scaricare "Non di scordar di me" di Giusy Ferreri sul mio cellulare. Accendo la tv e su All Music indovinate chi c'è? Certo, c'è di peggio. Ma adesso (non) capisco tante cose del nostro Paese. E mentre noi cerchiamo di scordarci di lei magari promulgheranno una legge per conferire l'immunità anche ai cantanti! Lodo Albano (Carrisi).

domenica 20 luglio 2008

venerdì 18 luglio 2008

Via, via, vieni via di qui


E' tempo di trasloco. Si cambia sede di lavoro. E siamo già invasi dagli scatoloni. Devo ammettere che, anche se sono contenta di andare via, la fase di inscatolamento e impacchettamento mi mette un po' d'ansia. Forse perché di traslochi nella mia vita ne ho fatti e vissuti parecchi. E la stessa cosa mi capita quando faccio la valigia...

mercoledì 16 luglio 2008

Un mare... di rifiuti


















Forse non ci rendiamo conto. Anzi, sicuramente non ci rendiamo conto. Anche quei rifiuti che vengono definiti "biodegradabili" possono inquinare e recare gravi danni. Anche se il mare ha un altissimo potenziale di autorigenerazione e autodepurazione lo stiamo mettendo a dura prova. Causando alterazioni degli equilibri naturali.

Ecco i tempi di degradazione in mare di alcuni oggetti comuni:

- tovagliolo di carta 4 settimane
- giornale 6 settimane
- torsolo di mela 2-6 mesi
- fiammiferi 6 mesi
- mozzicone di sigaretta 1 anno (e più)
- buccia di banana 2 anni (e più)
- sacco di plastica da 10 a 20 anni
- barattolo di conserva quasi 50 anni
- contenitore di polistirolo oltre 50 anni
- lattina di alluminio 200 anni
- lenza da pesca 600 anni
- bottiglia di plastica quasi 1000 anni
- bottiglia di vetro tempo indeterminato

venerdì 11 luglio 2008

L'uomo



Le piante, da quelle di seta fino alle più arruffate
gli animali, da quelli a pelo fino a quelli a scaglie
le case, dalle tende di crine fino al cemento armato
le macchine, dagli aeroplani al rasoio elettrico

e poi gli oceani e poi l'acqua nel bicchiere
e poi le stelle
e poi il sonno delle montagne
e poi dappertutto mescolato a tutto l'uomo

ossia il sudore della fronte
ossia la luce nei libri
ossia la verità e la menzogna
ossia l'amico e il nemico
ossia la nostalgia la gioia il dolore

sono passato attraverso la folla
insieme alla folla che passa.

(Nazim Hikmet)

giovedì 10 luglio 2008

Echissene!


Da avvenenti soubrette e calciatori a esponenti della politica. Ci tengono a far sapere tutto di loro, ma proprio tutto. Ci tengono aggiornati sulla loro vita sessuale. Da quanto non fanno sesso, perché e il loro momentaneo stato di grazia. Non paghi, suggeriscono che "La castità farebbe bene un po' a tutti..." Echissenefrega!

martedì 8 luglio 2008

giovedì 3 luglio 2008

My Daily Show


Ve lo ricordate "The Truman Show"? Nel film il protagonista, interpretato da Jim Carrey, vive un'esistenza tranquilla e noiosa, finché un giorno alcune strane coincidenze ed eventi inspiegabili lo spingono a pensare di essere sempre vissuto in un mondo fittizio. Lui è al centro di un reality show e tutte le persone che fanno parte della sua vita non sono che attori. Ebbene. Anche a me sembra di vivere un po' così. Ogni mattina si ripete lo stesso show quando esco di casa. "Buongiorno carissima!" il saluto della portinaia, poi passa un ragazzo in bicicletta, sempre lui. All'angolo ci sono il macellaio e quelli delle pompe funebri che vanno al bar, poi lungo la strada che mi porta alla metro incontro la ragazza bionda con gli occhiali da sole giganteschi, l'uomo dalle camicie e giacche sgargianti con la sigaretta in mano, un papà e la sua bambina. E anche in metropolitana gli stessi volti, mattina dopo mattina. Cambiano solo i colori dei loro vestiti.
Tutto ciò è rassicurante e inquietante nello stesso tempo.
Ma chi sono? Comparse? O persone che come me sono costrette a un'interminabile ripetitività di passi, gesti ed azioni?
Forse basta cambiare strada. Da domani...

E ora... consigli per gli acquisti!

giovedì 26 giugno 2008

Viuleeenza!


Chissà perché le riunioni di condominio tirano fuori il peggio delle persone. Arrivano con sembianze umane e si trasformano in Urukai... Risultato: per la stanza - gentilmente offerta dall'oratorio - volano insulti, minacce, saracche di ogni tipo. I condomini mostrano i canini e soffrono di manie di persecuzione. Ogni tanto passa una suora, mi chiedo quanti segni della croce si sarà fatta... Ave Maria e Pater Noster! Eppure basterebbero un po' più di diplomazia e di tolleranza nel manifestare le proprie idee e i propri problemi. E allora sì che si arriverebbe a qualche risoluzione. Una serata buttata nel cesso...

martedì 24 giugno 2008

Dall'ombrello all'ombrellone


Dopo giorni e giorni di pioggia è arrivata l’estate. All’improvviso. Portandosi dietro un’ondata di caldo afoso. Ed è come se mi fossi ridestata da uno stato di torpore e apatia. Confesso di provare molta invidia per i pischelli che hanno finito le scuole e se ne vanno in giro tutto il giorno. Vabbè. A me Milano piace la sera, con le lucine, mentre passeggio per le viuzze...
Benvenuta all’estate 2008. È ora di tirare fuori canotte e infradito!

giovedì 19 giugno 2008

E l’aura fai son vir (il vento fa il suo giro)

"Le cose sono come il vento, prima o poi ritornano"















Il vento fa il suo giro

Giorgio Diritti
Italia - 2005

mercoledì 18 giugno 2008

Il gioco del caimano



Ci risiamo...

"L'impunità è il massimo della potenza. Il vero segno di «distinzione» del comando assoluto. Dagli imperatori romani ai sovrani moderni - finché rivoluzioni non li travolsero. Sfuggire per legge alla legge è davvero il massimo, chi può farlo può tutto". (Gabriele Polo, Il Manifesto)

domenica 15 giugno 2008

Marcovaldo al supermarket


Alle sei di sera la città cadeva in mano dei consumatori. Per tutta la giornata il gran daffare della popolazione produttiva era il produrre: producevano beni di consumo. A una cert'ora, come per lo scatto d'un interruttore, smettevano la produzione e via! Si buttavano tutti a consumare. Ogni giorno una fioritura impetuosa faceva appena in tempo a sbocciare dietro le vetrine illuminate, i rossi salami a penzolare, le torri di piatti di porcellana a innalzarsi fino al soffitto, i rotoli di tessuto a dispiegare drappeggi come code di pavone, ed ecco già irrompeva la folla consumatrice a smantellare a rodere a palpare a far man bassa. Una fila ininterrotta serpeggiava per tutti i marciapiedi e i portici, s'allungava attraverso le porte a vetri nei magazzini intorno a tutti i banchi, mossa dalle gomitate di ognuno nelle costole di ognuno come da continui colpi di stantuffo. Consumate! e toccavano le merci e le rimettevano giù e le riprendevano e se le strappavano di mano; consumate e obbligavano le pallide commesse a sciorinare sul bancone biancheria e biancheria; consumate! e i gomitoli di spago colorato giravano come trottole, i fogli di carta a fiori levavano ali starnazzanti, avvolgendo gli acquisti in pacchettini e i pacchettini in pacchetti e i pacchetti in pacchi, legati ognuno col suo nodo a fiocco. E via pacchi pacchetti pacchettini borse borsette vorticavano attorno alla cassa in un ingorgo, mani che frugavano nelle borsette cercando i borsellini e dita che frugavano nei borsellini cercando gli spiccioli, e giù in fondo in mezzo a una foresta di gambe sconosciute e falde di soprabiti i bambini non più tenuti per mano si smarrivano e piangevano.
Una di queste sere Marcovaldo stava portando a spasso la famiglia. Essendo senza soldi, il loro spasso era guardare gli altri fare spese; inquantoché il denaro, più ne circola, più chi ne è senza spera: "Prima o poi finirà per passarne anche un po' per le mie tasche". Invece, a Marcovaldo, il suo stipendio, tra che era poco e che di famiglia erano in molti, e che c'erano da pagare rate e debiti, scorreva via appena percepito. Comunque, era pur sempre un bel guardare, specie facendo un giro al supermarket.
Il supermarket funzionava col self-service. C'erano quei carrelli, come dei cestini di ferro con le ruote e ogni cliente spingeva il suo carrello e lo riempiva di ogni bendidio. Anche Marcovaldo nell'entrare prese un carrello lui, uno sua moglie e uno ciascuno i suoi quattro bambini. E così andavano in processione coi carrelli davanti a sé, tra banchi stipati da montagne di cose mangerecce, indicandosi i salami e i formaggi e nominandoli, come riconoscessero nella folla visi di amici, o almeno conoscenti.
- Papà, lo possiamo prendere questo? chiedevano i bambini ogni minuto.
- No, non si tocca, è proibito, - diceva Marcovaldo ricordandosi che alla fine di quel giro li attendeva la cassiera per la somma.
- E perché quella signora lì li prende? - insistevano, vedendo tutte queste buone donne che, entrate per comprare solo due carote e un sedano, non sapevano resistere di fronte a una piramide di barattoli e tum! tum! tum! con un gesto tra distratto e rassegnato lasciavano cadere lattine di pomodori pelati, pesche sciroppate, alici sott'olio a tambureggiare nel carrello.
Insomma, se il tuo carrello è vuoto e gli altri pieni, si può reggere fino a un certo punto: poi ti prende un'invidia, un crepacuore, e non resisti più. Allora Marcovaldo, dopo aver raccomandato alla moglie e ai figlioli di non toccare niente, girò veloce a una traversa tra i banchi, si sottrasse alla vista della famiglia e, presa da un ripiano una scatola di datteri, la depose nel carrello. Voleva soltanto provare il piacere di portarla in giro per dieci minuti, sfoggiare anche lui i suoi acquisti come gli altri, e poi rimetterla dove l'aveva presa. Questa scatola, e anche una rossa bottiglia di salsa piccante, e un sacchetto di caffè, e un azzurro pacco di spaghetti. Marcovaldo era sicuro che, facendo con delicatezza, poteva per almeno un quarto d'ora gustare la gioia di chi sa scegliere il prodotto, senza dover pagare neanche un soldo. Ma guai se i bambini lo vedevano! Subito si sarebbero messi a imitarlo e chissà che confusione ne sarebbe nata!
Marcovaldo cercava di far perdere le. sue tracce, percorrendo un cammino a zig zag per i reparti, seguendo ora indaffarate servette ora signore impellicciate. E come l'una o l'altra avanzava la mano per prendere una zucca gialla e odorosa o una scatola di triangolari formaggini, lui l'imitava. Gli alto parlanti diffondevano musichette allegre: i consumatori si muovevano o sostavano seguendone il ritmo, e al momento giusto protendevano il braccio e prendevano un oggetto e lo posavano nel loro cestino, tutto a suon di musica.
Il carrello di Marcovaldo adesso era gremito di mercanzia; i suoi passi lo portavano ad addentrarsi in reparti meno frequentati; i prodotti dai nomi sempre meno decifrabili esano chiusi in scatole con figure da cui non risultava chiaro se si trattava di concime per la lattuga o di seme di lattuga o di lattuga vera e propria o di veleno per i bruchi della lattuga o di becchime per attirare gli uccelli che mangiano quei bruchi oppure condimento per l'insalata o per gli uccelli arrosto. Comunque Marcovaldo ne prendeva due o tre scatole.
Così andava tra due siepi alte di banchi. Tutt'a un tratto la corsia finiva e c'era un lungo spazio vuoto e deserto con le luci al neon che facevano brillare le piastrelle. Marcovaldo era lì, solo col suo ,carro di roba, e in fondo a quello spazio vuoto c'era l'uscita con la cassa.
Il primo istinto fu di buttarsi a correre a testa bassa spingendo il carrello davanti a sé come un carro armato e scappare via dal supermarket col bottino prima che la cassiera potesse dare l'allarme. Ma in quel momento da un'altra corsia lì vicino s'affacciò un carrello carico ancor più del suo, e chi lo spingeva era sua moglie Domitilla. E da un'altra parte se n'affacciò un altro e Filippetto lo stava spingendo con tutte le sue forze. Era quello un punto in cui le corsie di molti reparti convergevano, e da ogni sbocco veniva fuori un bambino di Marcovaldo, tutti spingendo trespoli carichi come bastimenti mercantili. Ognuno aveva avuto la stessa idea, e adesso ritrovandosi s'accorgevano d'aver messo insieme un campionario di tutte le disponibilità dei supermarket. - Papà, allora siamo ricchi? - chiese Michelino. - Ce ne avremo da mangiare per un anno?
. - Indietro! Presto! Lontani dalla cassa! - esclamò Marcovaldo facendo dietrofront e nascondendosi, lui e le sue derrate, dietro ai banchi; e spiccò la corsa piegato in due come sotto il tiro nemico, tornando a perdersi nei reparti. Un rombo risuonava alle sue spalle; si voltò e vide tutta la famiglia che, spingendo i suoi vagoni come un treno, gli galoppava alle calcagna.
- Qui ci chiedono un conto da un milione!
Il supermarket era grande e intricato come un labirinto: ci si poteva girare ore ed ore. Con tante provviste a disposizione, Marcovaldo e familiari avrebbero potuto passarci l'intero inverno senza uscire. Ma gli altoparlanti già avevano interrotto la loro musichetta, e dicevano: - Attenzione! Tra un quarto d'ora il supermarket chiude! Siete pregati d'affrettarvi alla cassa!
Era tempo di disfarsi del carico: ora o mai più. Al richiamo dell'altoparlante la folla dei clienti era presa da una furia frenetica, come se si trattasse degli ultimi minuti dell'ultimo supermarket in tutto il mondo, una furia non si capiva se di prendere tutto quel che c'era o di lasciarlo lì, insomma uno spingi spingi attorno ai banchi, e Marcovaldo con Domitilla e i figli ne approfittavano per rimettere la mercanzia sui banchi o per farla scivolare nei carrelli d'altre persone. Le restituzioni avvenivano un po' a casaccio: la carta moschicida sul banco del prosciutto, un cavolo cappuccio tra le torte. Una signora, non s'accorsero che invece del carrello spingeva una carrozzella con un neonato: ci rincalzarono un fiasco di barbera.
Questa di privarsi delle cose senz'averle nemmeno assaporate era una sofferenza che strappava le lacrime. E così, nello stesso momento che lasciavano un tubetto di maionese, capitava loro sottomano un grappolo di banane, e lo prendevano; o un pollo arrosto invece d'uno spazzolone di nylon; con questo sistema i loro carrelli più si svuotavano più tornavano a riempirsi.
La famiglia con le sue provviste saliva e scendeva per le scale rotanti e ad ogni piano da ogni parte si trovava di fronte a passaggi obbligati dove una cassiera di sentinella puntava una macchina calcolatrice crepitante come una mitragliatrice contro tutti quelli che accennavano a uscire. Il girare di Marcovaldo e famiglia somigliava sempre più a quello di bestie in gabbia o di carcerati in una luminosa prigione dai muri a pannelli colorati.
In un punto, i pannelli d'una parete erano smontati, c'era una scala a pioli posata lì, martelli, attrezzi da carpentiere e muratore. Un'impresa stava costruendo un ampliamento dei supermarket. Finito orario i lavoro, gli operai se n'erano andati lasciando tutto com'era. Marcovaldo, provviste innanzi, passò per il buco del muro. Di là c'era buio; lui avanzò. E la famiglia, coi carrelli, gli andò dietro.
Le ruote gommate dei carrelli sobbalzavano su un suolo come disselciato, a tratti sabbioso, poi su un piancito d'assi sconnesse. Marcovaldo procedeva in equilibrio su di un asse; gli altri lo seguivano. A un tratto videro davanti e dietro e sopra e sotto tante luci seminate lontano, e intorno il vuoto.
Erano sul castello d'assi d'un' impalcatura, all'altezza delle case di sette piani. La città s'apriva sotto di loro in uno sfavillare luminoso di finestre e insegne e sprazzi elettrici dalle antenne dei tram; più in su era il cielo stellato d'astri e lampadine rosse d'antenne di stazioni radio. L'impalcatura tremava sotto il peso di tutta quella merce lassù in bilico. Michelino disse: - Ho paura!
Dal buio avanzò un'ombra. Era una bocca enorme, senza denti, che s'apriva protendendosi su un lungo collo metallico: una gru. Calava su di loro, si fermava alla loro altezza, la ganascia inferiore contro il bordo dell'impalcatura. Marcovaldo inclinò il carrello, rovesciò la merce nelle fauci di ferro, passò avanti. Domitilla fece lo stesso. I bambini imitarono i genitori. La gru richiuse le fauci con dentro tutto il bottino del supermarket e con un gracchiante carrucolare tirò indietro il collo, allontanandosi. Sotto s'accendevano e ruotavano le scritte luminose multicolori che invitavano a comprare i prodotti in vendita nel grande supermarket.

(Marcovaldo ovvero le stagioni in città - Italo Calvino)

martedì 10 giugno 2008

L'ho sempre saputo


Non ho mai avuto un padre. Per quanto l'abbia cercato tra i ricordi. Ma ho avuto tanti padri. Era lo zio Mario che mi faceva ballare sulle punte dei suoi piedi e raccontava le favole per farmi addormentare, il vicino del terzo piano che mi ha insegnato ad andare in bicicletta, il lattaio che mi correggeva i compiti nel retrobottega mentre la mamma era ancora al lavoro, il prof di lettere che mi prestava i libri e mi parlava di Kafka con la sua voce rassicurante, che echeggiava per i lunghi corridoi della scuola.

Non ho mai avuto un padre. Fino a stasera. Fino a questa telefonata.
Adesso so che esisti. La verità è che l’ho sempre saputo.
Ora hai una voce.
Poi avrai un volto.
E, infine, un cuore?

giovedì 5 giugno 2008

Singin' in the rain

Don Lockwood danza e il cinema passa dal muto al sonoro...



Singin' in The Rain

Stanley Donen, Gene Kelly
Usa - 1952

martedì 3 giugno 2008

Simpsonizziamoci



Il rientro al lavoro dopo un weekend lungo e rilassante è sempre duro, perciò bisogna giocare un po'...
Fate come me. Andate su http://www.simpsonsmovie.com/intl/it/?cid=it, entrate nel sito
e create il vostro avatar dei Simpson.
Io mi sono fatta così...

Buon divertimento!

venerdì 30 maggio 2008

A me - 29 maggio 2008


E c'è una parte dentro all'Africa
che assomiglia a te
una leonessa con i suoi cuccioli
che lotta sola per difenderli

(Dove ho visto te - Jovanotti - "Safari")

giovedì 29 maggio 2008

mercoledì 28 maggio 2008

Dentro di noi


''I' mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch'e' ditta dentro vo significando''.
(Commedia, Purgatorio, canto XXIV)

Questi versi di Dante sono considerati il manifesto dello Stilnovo. E della poetica in generale.
Il poeta è colui che dà voce ed espressione a qualcosa che nasce dentro di lui.

lunedì 26 maggio 2008

Questioni di palle


Mi piace il suono della pallina da tennis, quando viene colpita dalle corde della racchetta. Non riesco a definirlo con le parole. Ma è pieno e mi riempie le orecchie.
Quando torno a casa la sera, spesso passo vicino ai campi da tennis e mi fermo ad ascoltare questo suono. Ritmico. Rassicurante. E' un richiamo...

domenica 25 maggio 2008

Per sempre


"Ascolta il silenzio - diceva Margherita al Maestro, e la sabbia scricchiolava sotto i suoi piedi nudi - ascolta e goditi quello che non ti è stato concesso in vita: la quiete. Guarda, ecco dinanzi a te la casa eterna che ti hanno dato in ricompensa. Vedo già la trifora e la vite rampicante sale fino al tetto. Ecco la tua casa, ecco la tua casa eterna. So che di sera verranno da te quelli che tu ami, che ti interessano e che non ti turberanno. Suoneranno per te, canteranno per te, vedrai che luce nella stanza quando sono accese le candele. Ti addormenterai, col tuo eterno berretto bisunto in testa, ti addormenterai col sorriso sulle labbra. Il sonno ti ristorerà, diventerai saggio. E non oserai più cacciarmi. Io veglierò sul tuo sonno."

(Il Maestro e Margherita - Bulgakov)

venerdì 23 maggio 2008

Andando dietro al vento (1)


L’azzurro del cielo.
Il blu del mare.
Il bianco delle vele, che sembrano lenzuoli stesi al sole ad asciugare.
Della terra si intravedono solo i contorni. Lontani.
Si dondola tra il silenzio e lo sciabordio delle onde.
Il tempo si dilata.
In balia del vento.
È lui il Padrone.

mercoledì 21 maggio 2008

Noi e la scrittura













Il semplice atto della scrittura ci cambia.
Quando finiamo di scrivere non siamo più gli stessi di quando abbiamo iniziato.

martedì 20 maggio 2008

Vorrei...

Vorrei che il mio cuore battesse più forte.
Vorrei che mi dicessi ancora “Quanto sei bella” quando facciamo l’amore.
Vorrei specchiarmi nei tuoi occhi dalle ciglia lunghe.
Vorrei fare i pic-nic sull’erba nelle domeniche di sole.
Vorrei trovare le tue lattine di birra nel frigo.
Vorrei che il telefono non fosse muto da giorni.

Vorrei non essere nuda in questo letto d’albergo.
La bottiglia vuota di champagne sul comodino.
I vestiti gettati a terra, qua e là.
La stanza che puzza di chiuso.
La testa che scoppia.

lunedì 19 maggio 2008

Serrande alzate


Il mio naso sulle tue palpebre
(serrande alzate)
che non sanno se chiudere
la bottega in cui le fate
hanno lo sguardo immoto
sul dormire che non giunge.

Il tuo fiato è un poco affannoso,
si disperde là
dove vagheggi chissà
quale fantasia perduta
o fiaba, raccontata
per avere il tuo sonno.

Dalle tapparelle un bel sole
riga di buonumore quel pulviscolo;
dentro sono avvinto e c'è amore
in groppi e batticuore: lo sentissi anche tu!

Il mio naso sulle tue palpebre
le sfiora appena
e sa non farsi notare:
fiuta forse il gusto d'arcano
del tuo trasognare
che oltrepassa ogni meta?

Metafisica è la tua intesa
con ciò che mi sfugge
e posso solo ammirare.
Molto fisica è la sorpresa
di averne prova...
ora che ho appreso a scrutare.

Lievemente il sole è calato
e un nuovo taglio estende quelle strisce ridenti;
dentro sono avvinto e c'è amore
in groppi e batticuore: lo sentissi anche tu!

La mia culla è meraviglia esplosa
non ti dondola ma avvolge e ammanta.
La mia culla è poesia ansiosa
di svelarmi quello che ti incanta

(Marlene Kuntz)

domenica 18 maggio 2008

Una storia africana


Era notte, e tutti sedevamo davanti al fuoco per scaldarci le mani, ascoltando storie e guardando la luna e le stelle che se ne andavano. Le braci rosse del falò accendevano i nostri volti nell'oscurità e il cielo si riempiva di pennacchi di fumo. Pa Sesay, il nonno di un mio amico, quella notte ci aveva già raccontato tante storie, ma prima dell'ultima continuava a ripetere: "Questa è una storia molto importante". Poi si schiarì la gola e iniziò:
"C'era una volta un cacciatore che andò nella foresta a caccia di scimmie. Dopo pochi minuti, ecco spuntarne una, seduta comoda sui rami più bassi di un albero, che non gli prestò attenzione nemmeno quando sentì il rumore dei passi tra le foglie secche. Quando fu abbastanza vicino e nascosto dietro un albero da cui la vedeva chiaramente, il cacciatore alzò il fucile e mirò. Ma quando stava per premere il grilletto, la scimmia parlò: "Se mi spari, tua madre morirà, e se non lo fai morirà tuo padre". Poi si rimise tranquilla a mangiare, grattandosi di tanto in tanto la testa o la pancia.
"Cosa fareste voi nei panni del cacciatore?"
Io e i giovani del mio villaggio ascoltavamo quella storia una volta l'anno. Di solito la raccontava un anziano, che poneva il quesito irrisolvibile alla presenza dei nostri genitori. Dovevamo rispondere, ma nessuno ci riusciva, per paura di offendere il padre o la madre. Il narratore non suggeriva mai la soluzione. Quando toccava a me dicevo che ci avrei pensato su, ma ovviamente non era una risposta accettabile.
Poi io e i miei compagni - tutti bambini tra i sei e i dodici anni - discutevamo su quale fosse la risposta che avrebbe evitato la morte di uno dei nostri genitori. Ma la risposta giusta non esisteva. Se salvavi la scimmia, moriva qualcuno. Se la uccidevi, qualcuno sarebbe morto lo stesso.
Quella notte ci accordammo su una risposta, che però fu subito rifiutata. Dicemmo a Pa Sesay che se uno di uno fosse stato nei panni del cacciatore, non sarebbe andato a caccia di scimmie. "Ci sono altri animali che si possono cacciare".
"Non è una risposta accettabile" disse lui. "Va dato per scontato che il cacciatore abbia già puntato il fucile e debba soltanto prendere la decisione". Poi spezzò in due la sua noce di cola e ne masticò un pezzo.
All'età di sette anni avevo trovato una risposta che secondo me era molto ragionevole, però non ne avevo mai parlato con nessuno, per paura di ferire mia madre. Se fossi stato nei panni del cacciatore, avevo pensato, avrei senz'altro sparato per evitare ad altri di doversi trovare nella mia stessa situazione.

(Memorie di un soldato bambino - Ishmael Beah)