venerdì 30 dicembre 2011

La mia classifica del 2011


Mentre inizia il conto alla rovescia per la notte di San Silvestro, io faccio la classifica delle letture che mi hanno accompagnato in questo 2011.

Cinque stelline anobii: Accabadora, Michela Murgia, Einaudi

Il più onirico: L'uccello che girava le viti del mondo, Haruki Murakami, Einaudi

Il più letterario: La manomissione delle parole, Gianrico Carofiglio, Rizzoli

Il più genuino: Ascolta il mio cuore, Bianca Pitzorno, Mondadori

Il libro del cuore: Marinai perduti, Jean-Claude Izzo, E/O

La sorpresa: La breve favolosa vita di Oscar Wao, Junot Diaz,
Mondadori

Esordiente dell'anno: Tetano, Alessio Torino, Minumum Fax

Le delusioni: Espiazione, Ian McEwan, Einaudi ; Non lasciarmi, Kazuo Ishiguro, Einaudi

domenica 25 dicembre 2011

Buon Natale!


Buon Natale a tutti! Perché Natale è anche uno stato d'animo!
Ritorniamo un po' bambini. Che dite?

domenica 4 dicembre 2011

Midnight in Paris, ovvero della nostalgia


Din don, din don. I dodici rintocchi della mezzanotte.
Mentre Cenerentola fugge dal ballo perdendo la scarpina di cristallo e la carrozza si ritrasforma in zucca, Gil, uno sceneggiatore di Hollywood in cerca di ispirazione per il suo primo romanzo, gironzola alticcio e sperduto per le stradine di Parigi. A un certo punto vede arrivare un'auto d'epoca, con a bordo ragazzi festosi che lo invitato a salire. E lui si lascia convincere. Così si ritrova incredulo nella ancora più affascinante Parigi degli anni Venti: a una festa con Scott e Zelda Fitzgerald in persona mentre al piano suona Cole Porter! Scambia vivaci opionioni nientepopodimenoche con Ernest Hemingway ("L'amore fa scordare la paura della morte!") e in casa di Gertrude Stein (Kathy Bates), a cui fa leggere il suo manoscritto, incontra Adriana (la bellissima Marion Cotillard) musa di Pablo Picasso e si invaghisce di lei.
Nottata dopo nottata conosce anche Dalì (Adrien Brody), Eliot, Buñuel con cui ha divertenti scambi di battute.
Di giorno Gil è l'annoiato fidanzato di Inez, di notte un appassionato scrittore in compagnia dei suoi "idoli" letterari.
Il film è leggero e divertente (e anche un po' favola!) e leggeri ci si sente quando si esce dal cinema. Certo, a noi "puristi" di Woody Allen viene da storcere un po' il naso. Ci aspettiamo sempre qualcosa di più geniale da lui.
Su di una cosa Woody ha proprio ragione: non siamo capace di vivere bene il presente. E guardiamo sempre al passato con nostalgia. E questa inquietudine e scontentezza dell'animo umano coinvolge tutti gli individui, celebri e non, e avviene in tutte le epoche storiche.
"Un ulteriore salto d’epoca fa balenare a Gil che il passato acquista valore solo dall’essere stato il presente di qualcun altro, in una catena infinita."
E voi, in che epoca avreste voluto vivere?

Tre stelline ***

Midnight in Paris

Woody Allen
USA/Francia, 2011

mercoledì 30 novembre 2011

Io leggo (5)


Eh no, proprio no. Un'idiozia simile non può occupare la pagina di un quotidiano!

Titolo: “Togliete i libri alle donne e torneranno a far figli
Occhiello: "Il genitore è il lavoro che gli italiani non vogliono più fare. Ma più le culle resteranno vuote, più barconi di immigrati arriveranno".
Estratto dell'articolo: «Ebbene, gli studi più recenti denunciano lo stretto legame tra scolarizzazione femminile e declino demografico. La Harvard Kennedy School of Government ha messo nero su bianco che “le donne con più educazione e più competenze sono più facilmente nubili rispetto a donne che non dispongono di quella educazione e di quelle competenze”. E il ministro conservatore inglese David Willetts, ha avuto il coraggio di far notare che “più istruzione superiore femminile” si traduce in “meno famiglie e meno figli”.il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà. Così dicono i numeri: non prendetevela con me».
Così Camillo Langone chiude il suo pezzo sulla natalità pubblicato dal quotidiano Libero di oggi.

Naturalmente Langone direbbe che che una donna come me non dovrebbe tenere un blog. E vorrebbe che la mia libreria di casa fosse occupata da libri finti come quelli dell'Ikea.
E poi, altra cosa fastidiosissima, tira in ballo anche la questione degli immigrati. Cazzo c'entra, scusa?
Peccato che sua madre sia stata una pessima lettrice! O che sua sorella (se ne ha una) non gli abbia mai tirato un bel volume di 800 pagine in testa!
Vabbè. Per stasera ho pensato troppo.
Vado a fare la calza.
Prima però vado a lavarmi la bocca con il sapone.

domenica 30 ottobre 2011

L'uccello-giraviti



"Se tu adesso perdi il tuo nome, come ti posso chiamare?"
"Uccello-giraviti" dissi. Almeno io avevo un nuovo nome.
"Uccello-giraviti" ripetè lei. Poi restò un momento a guardare quelle due parole fluttuare nell'aria. "Penso che sia un nome bellissimo, ma che razza di uccello è?"
"Esiste davvero. Che aspetto abbia però non lo so, non l'ho mai visto, l'ho solo sentito cantare. Si ferma sul ramo di un albero da queste parti, e si mette a stringere una dopo l'altra le viti del mondo, con un rumore stridente. Se smette, il mondo smette di funzionare. Però non lo sa nessuno. Tutti pensano che ci sia qualcosa di più grande, più complicato e più bello a far girare il mondo. Invece lo fa girare lui, si sposta da un posto all'altro e a mano a mano che si sposta va stringendo le viti. Sono viti molto rudimentali, sembrano quelle dei giocattoli. Basta solo farle girare. Però le può vedere solo l'uccello-giraviti."
"L'uccello-giraviti - ripetè l'ex Creta - che gita le viti del mondo."
Alzai il viso e mi guardai intorno. Era la solita stanza che conoscevo bene, ci dormivo da quattro o cinque anni. Eppure sembrava stranamente vuota e ampia.
"Purtroppo però non so dove si trovino, quelle viti - dissi - e enanche che aspetto abbiano."
lei posò le dita sopra la mia spalla. Poi con i polpastrelli disegnò dei piccoli cerchi.
Io ero steso supino, e guardavo in silenzio una piccola macchia sul soffitto, aveva la forma di uno stomaco. Si trovava proprio il mio cuscino, ma non mi ero mai accorto che ci fosse. Da quando era lì? Da prima che io e Kumiko andassimo a vivere in quella casa? Oppure si era installata lì in silenzio, trattenendo il fiato, proprio sopra di noi, mentre noi dormivamo insieme in quella stanza? Finché un mattino mi ero accorto della sua presenza.
Sentivo di fianco a me il respiro caldo della donna che una volta si chiamava Creta. Sentivo l'odore doce del suo corpo. Lei continuava a disegnare piccoli cerchi sulla mia spalla. Avrei voluto prenderla ancora una volta tra le braccia, magari, ma non sapevo giudicare se fosse un'azione corretta o no. I rapporti tra le cose, alto e basso, destra e sinistra, erano troppo intricati. Rinunciai a pensare, e continuai a guardare in silenzio il soffitto.
Finché lei non venne a stendersi sopra di me, e mi baciò leggermente sulla guancia destra. Quando le sue labbra morbide toccarono la voglia, provai una sorta di profondo torpore.
Chiusi gli occhi e tesi le orecchie ai rumori del mondo. Sentii tubare da qualche parte un piccione. Costantemente, con pazienza. Quella voce era piena d'affetto nei confronti del creato. Celebrava l'arrivo del mattino estivo e annunciava alla gente l'inizio di una giornata. Però non bastava, pensai, qualcuno doveva farlo girare, il mondo.
"Penso che un giorno riuscirai a trovarle quelle viti, sai ?" disse l'ex Creta.
"Se è così - le chiesi senza aprire gli occhi - se un giorno riuscirò a trovarle e a stringerle, le cose torneranno a posto, questa vita insensata finirà?"
Lei scosse in silenzio il capo. Nei suoi occhi apparve una leggerissima traccia di compassione.
"Non lo so" disse.
"Non lo sa nessuno" risposi.
"Al mondo ci sono cose che è meglio non sapere" aveva detto il tenente Mamiya.

(L'uccello che girava le viti del mondo, Haruki Murakami)

giovedì 6 ottobre 2011

Ciao e grazie Steve



Casetta. Dalle 8 alle 8.45. Ogni mattina.
La sveglia dell'iPhone suona suona suona. Mugugno, mi avvolgo nel lenzuolo e mi rigiro nel letto.
Mentre aspetto che l'acqua del tè bolla accendo il Macbook per leggere le prime notizie del giorno.
Sono pronta, infilo le cuffiette dell'iPod, prendo la borsa ed esco.
Ciao e grazie Steve, anche da parte mia.

lunedì 22 agosto 2011

La storia della bambola



"Tutti i pomeriggi Kafka va a fare una passeggiata nel parco. Generalmente lo accompagna Dora. Un giorno incontrano una bambina in lacrime, che singhiozza da farsi scoppiare il petto. Kafka le chiede cosa c’è che non va e la bambina risponde che ha perso la sua bambola. Lui subito comincia a inventare una storia per spiegarle l’accaduto. «La tua bambola è andata a fare un giro», le dice. Lei gli chiede: «E tu come lo sai?» «Perché mi ha scritto una lettera», le risponde Kafka. La bambina sembra sospettosa. «Ce l’hai qui?» gli domanda. «No, mi spiace, – fa lui. – L’ho lasciata a casa per sbaglio, ma domani la porterò con me». E’ cosi convincente che la bambina non sa più cosa pensare. Possibile che quell’uomo misterioso stia dicendo la verità?
Kafka torna subito a casa per scrivere la lettera. Si siede a tavolino e Dora, osservandolo mentre scrive, nota la stessa serietà, la stessa tensione che mostra quando sta componendo una sua opera. Non vuole prendere in giro la bambina. Questa è una vera fatica letteraria, e lui è ben deciso a compierla nel migliore dei modi. Se riuscirà a presentare alla bambina una bugia bellissima, e convincente, sostituirà la bambola perduta con una realtà diversa: falsa, forse, ma veritiera e credibile secondo le leggi della narrativa.
L’indomani Kafka si precipita al parco con la lettera. La bambina lo sta aspettando, e dato che non ha ancora imparato a leggere gliela legge lui ad alta voce. La bambola è molto spiacente, ma si è stancata di vivere sempre con le stesse persone. Ha bisogno di muoversi e di vedere il mondo, di fare nuove amicizie. Non è che non voglia bene alla bambina, però desidera cambiare aria, perciò dovranno separarsi per qualche tempo. Infine la bambola promette che scriverà alla bambina ogni giorno e la terrà al corrente di quello che sta facendo.
Già è incredibile che Kafka si sia preso il disturbo di scrivere quella prima lettera, ma ora si dedica al progetto di scriverne una nuova ogni giorno … al solo scopo di consolare la bambina, che fra l’altro per lui è una perfetta estranea, un esserino incontrato per caso un pomeriggio in un parco. Che tipo di uomo fa una cosa simile! E’ andato avanti per tre settimane. Tre settimane. Uno degli scrittori più geniali che siano mai vissuti ha sacrificato il suo tempo … un tempo sempre più scarso e prezioso … per comporre le lettere immaginarie di una bambola smarrita. Secondo la testimonianza di Dora scriveva ogni frase con una cura maniacale del dettaglio, e la sua prosa era precisa, spiritosa e avvincente. In parole povere, era la prosa di Kafka, e lui per tre settimane andò tutti i giorni al parco e scrisse ogni volta una nuova lettera alla bambina. La bambola diventa grande, va a scuola, conosce altre persone. Continua a ripetere alla bambina che le vuole bene, ma allude a certe complicazioni che le rendono impossibile il ritorno. A poco a poco Kafka prepara la bambina per il momento in cui la bambola sparirà dalla sua vita per sempre. Si spreme per creare un finale soddisfacente temendo che se non lo troverà si possa rompere l’incantesimo. Dopo aver vagliato alcune ipotesi, alla fine decide di far sposare la bambola. Descrive il giovanotto di cui lei si innamora, la festa di fidanzamento, le nozze in campagna, perfino la casa dove ora abitano la bambola e suo marito. E poi, nell’ultima riga, la bambola dice addio alla sua vecchia e affezionata amica.
Ma a questo punto naturalmente la bambina non sente più la mancanza della bambola. Kafka le ha dato in cambio qualcos’altro, e alla fine delle tre settimane le lettere l’hanno guarita dal suo cruccio. Lei ha la storia, e quando una persona è abbastanza fortunata da vivere all’interno di una storia, da vivere in un mondo immaginario, i dolori di questo mondo svaniscono. Perché fino a quando la storia continua, la realtà non esiste più."

(Follie di Brooklyn, Paul Auster)

sabato 13 agosto 2011

Cosa ho imparato a Samos




Che il vento quando soffia è bello incazzato.
Che anche le zanzare greche mi perseguitano.
Che i paesini dell'isola sono abitati da tanti gatti.
Che i bambini tedeschi sono meno capricciosi di quelli italiani.
Che è sempre emozionante vedere le stelle cadenti. Ogni estate. A ogni età.
Che il ritorno può essere altrettanto speciale.

venerdì 15 luglio 2011

Invictus


Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstanc
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.

Invictus

Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
ringrazio gli dei qualunque essi siano
per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l'Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima

(William Ernest Henley)

domenica 19 giugno 2011

Fra un romanzo e un racconto


"Ci sono due differenze fra un romanzo e un racconto. La prima è che il romanzo è più largo del racconto. Non è più lungo: è più largo, ci sta dentro più vita. Certo, dato che ogni testo in fondo non è che un serpentone di parole messe una appresso all'altra, va da sè che se il romanzo è più largo finisce per essere anche più lungo. La seconda differenza è che un bel romanzo, anche un bellissimo romanzo, può permettersi di avere un finale scialbo, opaco che si dimentica subito. Invece in un racconto il finale conta moltissimo. Spesso l'idea di un racconto nasce proprio dal finale, e poi lo scrittore costruisce il percorso che deve portare a quella certa conclusione."

(Raul Montanari, prefazione di Due gocce d'acqua, Subway Letteratura 2011)

giovedì 9 giugno 2011

Il ragazzo con la bicicletta



Corre Cyril. Scappa dall'istituto. Non ci sta. Non è possibile che il padre se ne sia andato senza avvertirlo, senza lasciargli un recapito. E per di più abbia venduto la bicicletta. No, non è possibile.
Si nasconde Cyril. Avvolto nelle lenzuola. Non sa ancora che Samantha, incontrata durante una fuga, gli ha riportato la bicicletta. Il ragazzino e la parrucchiera stringono amicizia e iniziano a passare insieme i fine settimana. Ma Cyril non vuole l'affetto di Samantha, continua a desiderare il ritorno del padre.
Pedala Cyril. Con la sua maglietta rossa. Non si rassegna. Trova il papà. Un succo di frutta e una porta sbattuta in faccia "Non voglio che ci vediamo mai più, non ho tempo, devo rifarmi una vita io". Senza nemmeno guardarlo negli occhi.
Ha tanta rabbia Cyril. Pedala pedala. Graffia. Colpisce. Ruba.
Solo Samantha gli insegna ad avere di nuovo fiducia, a non trincerarsi dietro il silenzio e la rabbia, a farsi aiutare, a tirarsi fuori dai guai e a sorridere.
E adesso non è più solo ad andare in bicicletta!

Come non voler subito bene a Cyril, al primo sguardo...
Samantha, che donna forte!
Le musiche sono un po' disturbanti. Bastano gli sguardi.

Tre stelline *** e mezzo


Il ragazzo con la bicicletta (Le Gamin Au Vélo)

Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
Belgio, Francia, Italia 2011

sabato 4 giugno 2011

Più e meno



Si dice che i poli (e i polli!) opposti si attraggono.
Cioè, è proprio vero, è stato studiato in fisica. In magnetostatica si osserva, infatti, che poli magnetici uguali si respingono e poli magnetici opposti si attraggono.
Sì, occhei.
Ma poi?

lunedì 30 maggio 2011

Buon giorno Milano! 30 maggio 2011





Pisapia è il nuovo sindaco di Milano!

“You can fool some of the people all of the time, and all of the people some of the time, but you can not fool all of the people all of the time”
(attribuita ad Abramo Lincoln, 1860).
"Puoi far fesso qualcuno tutte le volte, tutti qualche volta, ma non puoi fare fessi tutti, tutte le volte."

sabato 28 maggio 2011

Arcobaleno



Milano, Piazza Duomo, 27 maggio 2011
Èvento - Grande chiusura della campagna elettorale di Giuliano Pisapia

lunedì 16 maggio 2011

La macchina del tempo



Ma chi ha detto che la macchina del tempo non esiste? Esiste eccome!
In un solo giorno o addirittura nel giro di poche ore si possono avere tante età, viaggiare avanti e indietro nel tempo.
Basta andare al concerto del cantante col pizzetto "bello come il sole" per tornare adolescente. Le mie gambe non si sono fermate neppure un attimo. Sudata e felice. Lì, tra migliaia di persone, come se lui cantasse solo per me. Come quando lo ascoltavo con il walkman nel buio della mia camera.
Oppure si può invecchiare di colpo, dopo una brutta discussione col fidanzato. La faccia sfigurata dal pianto, sulla spalle un macigno che piega la schiena e sentirsi sola al mondo. Non è la faccia, ma il cuore ad avere le rughe.

giovedì 28 aprile 2011

Piccole donne (incipit)


"Natale non è Natale senza regali", si lamentò Jo, sdraiata sulla coperta.
"È così spiacevole essere poveri!" sospirò Meg, abbassando lo sguardo sul suo vecchio vestito.
"Non è giusto che alcune bambine possano avere tutto ciò che desiderano e altre non abbiano niente", aggiunse la piccola Amy, tirando su con il naso con aria offesa.
"Ma abbiamo il papà e la mamma, e la compagnia una dell'altra", disse Beth compiaciuta dal suo angolo.
A queste parole la luce del caminetto sembrò come ravvivare i quattro giovani visi, che però si rabbuiarono subito quando Jo disse tristemente: "Ma papà non c'è, e non lo vedremo ancora per molto." Non disse "forse mai", ma ciascuna di loro aggiunse in silenzio queste parole, pensando al padre lontano, sul campo di battaglia.

(Piccole donne, Louisa May Alcott)

martedì 26 aprile 2011

Una vera vita


«Ci vuole coraggio nella vita e un senso di sè che non sia quello della carriera e dei soldi. Ma che sia il senso che sei parte di questa cosa meravigliosa che è tutto intorno a noi. E' fattibile, per tutti. Fare una vita. Una vera vita in cui ci sei tu. Una vita in cui ti riconosci»

Tiziano Terzani

lunedì 18 aprile 2011

Habemus Papam, ovvero dell'umanità


Domenica sera ho visto il nuovo film di Nanni Moretti. Appena tornata in casetta mi sono appuntata delle idee, delle riflessioni sul taccuino.
Il film parte da un'idea geniale, una situazione mai avvenuta prima nella storia della Chiesa: il Papa appena nominato (Michel Piccoli) non si sente all'altezza dell'incarico e proprio nel momento della sua proclamazione e dell'uscita sul balcone per salutare la folla dei fedeli in Piazza San Pietro ha una crisi di panico... urla, ansima e scappa via. Lungo i corridoi. Per superare la crisi i cardinali provano a ricorrere all'intervento del miglior psicoanalista (Nanni Moretti) prima, e della moglie (Margherita Buy) poi. "Dio vede in me capacità che non ho. Dove sono, dottore? Le cerco e non le trovo"
È a questo punto che la storia si divide in due e avviene un vero e proprio scambio di luoghi: da una parte la vita dei cardinali e dello psicoanalista, reclusi in Vaticano e convinti dal suo portavoce (Jerzy Stuhr) che il Santo Padre sia chiuso nei suoi appartamenti a riflettere. Qui Moretti ci delizia con divertenti scenette con i cardinali - l'organizzazione del torneo di pallavolo - o con la guadia svizzera incaricata di simulare la presenza del Papa! Dall'altra la fuga del Papa che, in incognita, vaga tra le strade e i locali di Roma. Sono proprio questi i momenti più belli del film, grazie all'intensità dello sguardo di Piccoli. Sembra un vecchio confuso, perduto. Che ritrova il sorriso nei versi de Il Gabbiano di Cechov, e veniamo a sapere che la sua grande passione giovanile era la recitazione. Solo nel teatro il Papa trova un guizzo, un lampo.
Mi ha colpito molto la scena in cui i cardinali, riuniti nella Cappella Sistina, attendono il risultato dell'elezione e, nonostante i loro vestiti sontuosi e gli anelli d'oro, pregano fra sè e sè di non essere scelti, come dei bambini. Come succedeva a scuola, quando il prof. apriva il registro e pronunciava ad alta voce il nome dello studente interrogato. I porporati sono umani anche di sera... quando sono nelle loro stanze, oguno impegnato in una semplice attività: chi si allena sulla cyclette, chi si diletta con un puzzle, chi prende le goccine per dormire.
Idea geniale, dunque. E poi? Concordo con Mereghetti quando scrive "uno spunto geniale che forse avrebbe avuto bisogno di una diversa elaborazione" e con chi lamenta che il regista non è andato a fondo, non ha analizzato la crisi interiore dell'uomo/Papa. Davvero un peccato. Perché il film poteva allora essere un capolavoro. Mentre così è un film non risolto. Un capolavoro mancato, appunto.
Voglio soffermarmi sull'immagine del balcone vuoto dove il Papa non vuole affacciarsi, con le tende porpora che si muovono al vento. La domanda finale vuole il punto interrogativo: "Habemus Papam?"

p.s.: bellissima la canzone "Todo Cambia" di Mercedes Sosa!
p.s.2: quale sarà il nuovo tormentone morettiano? "Ma lei ha problemi con le fede?" o "Cardinale! Non esiste più da cinquant'anni palla prigioniera!" o "Soffro di deficit da accudimento, ma non ho capito cos'è" ;-)

Tre stelline *** e mezzo


Habemus Papam
Nanni Moretti
Italia, Francia 2011

domenica 17 aprile 2011

Quello che voleva


"Quello che voleva era smarrirsi tra le pieghe di un'idea irresistibile, osservare il filo nero che si srotolava dalla punta del suo pennino d'argento avvolgendosi in parole..."
(Espiazione, Ian McEwan)

venerdì 15 aprile 2011

Restiamo umani


"RESTIAMO UMANI è l'adagio con cui firmavo i miei pezzi per il manifesto e per il blog ed è un invito a ricordarsi della natura dell'uomo, io non credo nei confini nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia che è la famiglia umana."
(Vittorio Arrigoni)

mercoledì 13 aprile 2011

Il gioco delle differenze



Quando guardano insieme un film, lei nota come sono vestiti gli attori, lui se mangiano e cosa mangiano! :-)

martedì 22 marzo 2011

Un sabato di marzo ad Antibes


La joie de vivre, 1945 - 1948


Chouette et trois oursins, 1946.
(a un primo sguardo mi era sembrato di vedere raffigurata una scimmia!)


Herbert List
Pablo Picasso nel suo studio
(che sguardo profondo che ha Picasso)

domenica 20 febbraio 2011

Marinai perduti


(foto di Yann_R)

"Io ho conosciuto il mare così. Sulle ginocchia di mio padre. Così ho imparato la storia, la geografia. E la letteratura ha iniziato così ad avere un senso. Per lo meno quella che sa raccontarci che esistono mari in cui non potremo mai tuffarci, porti in cui non potremo mai scoparci delle ragazze. E paesi che sopravviveranno alla stronzaggine del genere umano."

(Marinai perduti, Jean-Claude Izzo)

giovedì 17 febbraio 2011

Lettera aperta di Jafar Panahi


Il mondo di un regista è segnato dalla interazione tra realtà e sogno. Il regista usa la realtà come ispirazione, dipinge con il colore della sua immaginazione e crea film che sono una proiezione delle sue speranze e dei suoi sogni.

La realtà è che nei passati cinque anni mi è stato impedito di fare film e ora sono ufficialmente condannato ad essere privato di questo diritto per altri venti anni. Ma so che continuerò a trasformare i miei sogni in film nella mia immaginazione. Ammetto come regista socialmente consapevole che non sarò in grado di rappresentare i problemi quotidiani e le preoccupazioni del mio popolo, ma non voglio negarmi il sogno che tra vent’anni tutti i problemi saranno spariti e, una volta che avrò di nuovo la possibilità, farò film sulla pace e la prosperità nel mio paese.

La realtà è che mi hanno privato del pensiero e della scrittura per venti anni, ma loro non possono impedirmi di sognare che tra vent’anni inquisizione e intimidazione saranno sostituiti dalla libertà e dalla libertà di pensiero.

Mi hanno privato della possibilità di vedere il mondo per venti anni. Spero che quando sarò libero, sarò in grado di viaggiare in un mondo senza barriere geografiche, etniche e ideologiche, in cui le persone vivano insieme liberamente e pacificamente, indipendentemente dalla loro credenze e convinzioni.

Mi hanno condannato a venti anni di silenzio. Eppure nei miei sogni io urlo in favore del momento in cui noi saremo in grado di tollerare l’altro, di rispettare i pareri degli altri e di vivere per gli altri.

In definitiva, la realtà del mio verdetto è che devo passare sei anni in carcere. Vivrò per i prossimi sei anni sperando che i miei sogni possano diventare realtà. Spero che i miei colleghi registi, in ogni angolo del mondo, creino film tanto grandi che, quando lascerò il carcere, sarò ispirato a continuare a vivere nel mondo che hanno sognato nei loro film.

Quindi da ora in poi, e per i prossimi vent’anni, mi trovo costretto a tacere. Sono costretto a non poter vedere, sono costretto a non poter pensare, sono costretto a non essere in grado di fare film.

Mi sottometto alla realtà della prigionia e dei miei carcerieri. Cercherò la realizzazione dei miei sogni nei vostri film, sperando di trovare in essi quello che mi è stato tolto.

Jafar Panahi

(Lettera aperta di Jafar Panahi in occasione della cerimonia d’apertura della 61ma Berlinale)

venerdì 11 febbraio 2011

Se non ora quando?


È proprio una bella domanda. Da porsi di giorno, di notte, di lunedì, di domenica, di fronte allo specchio, durante una passeggiata... nei diversi ambiti della nostra vita.

giovedì 3 febbraio 2011

Il discorso del re



È la storia di Bertie, Duca di York, ma potrebbe essere quella di qualsiasi uomo che, a causa di una grave forma di balbuzie, convive sin da piccolo con l'insicurezza e un forte complesso di inferiorità, all'interno della sua stessa famiglia: il padre è burbero e l'esuberante fratello lo prende in giro.
Certo, quando quest'uomo è il secondogenito di re Giorgio V, e con un pezzo di storia sulle spalle, il problema è più complesso. La balbuzie gli blocca le parole. Proprio mentre nel mondo un altro "leader" inizia a fare la sua folle propaganda.
L'Inghilterra aspetta il suo Re. E anche la radio.
"Perché Bertie ha una profonda voce interiore ma non riesce ad esprimerla. E per rappresentare il suo popolo deve capire se stesso e tirare fuori ciò che possiede." (cit.).
Ci vogliono una moglie premurosa ma decisa, un simpatico ed eccentrico logopedista (e attore fallito!) di origine australiana e tanta forza di volontà per superare la paura. B-bb-bb-bertie diventa Re Giorgio VI. Pronto a guidare, anche con la voce, il suo Paese. E pronto ad aprirsi a una meravigliosa amicizia.
La regia è convincente. Tom Hooper, passando dalla Tv al cinema, se la cava bene. Particolari le inquadrature dal basso, quasi a rendere caricaturali i lineamenti, o dall'alto. I microfoni, inquadrati dal regista in primo piano, sono grandi e minacciosi.
Punti di forza: gli attori (Geoffrey Rush è strepitoso, come Colin Firth) e i dialoghi.
Punto debole: la lunghezza (sono troppi 111 minuti.)
Nel finale ho sofferto insieme al re. Percepivo l'ansia. Come prima di ogni esame universitario!

Tre stelline ***

p.s.: gli amanti harrypotteriani/burtoniani non possono non riconoscere la grande Helena Bonham Carter e "Codaliscia" Timothy Spall, qui nel ruolo di Winston Churchill.

The King's Speech
Tom Hooper
Gran Bretagna, Australia 2010

martedì 1 febbraio 2011

Accabadora (incipit)


Fillus de anima.
È così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo dell'anima di Bonaria Urrai.
Quando la vecchia si era fermata sotto la pianta del limone a parlare con sua madre Anna Teresa Listru, Maria aveva sei anni ed era l'errore dopo tre cose giuste. Le sue sorelle erano già signorine e lei giocava da sola per terra a fare una torta di fango impastata di formiche vive, con la cura di una piccola donna. Muovevano le zampe rossastre nell'impasto, morendo lente sotto i decori di fiori di campo e lo zucchero di sabbia. Nel sole violento di luglio il dolce le cresceva in mano, bello come lo sono a volte le cose cattive.
(Accabadora, Michela Murgia)

lunedì 31 gennaio 2011

L'histoire de Manon



Coreografia: Kenneth MacMillan
Ripresa da: Karl Burnett e Julie Lincoln
Musiche di: Jules Massenet
Arrangiate e riorchestrate da: Leighton Lucas
Direttore: David Coleman
Scene e costumi: Nicholas Georgiadis

Étoiles
Massimo Murru
Artisti ospiti
Sylvie Guillem

martedì 18 gennaio 2011

In difesa della cultura



Il messaggio che passa da questo intervento di Mariastella Gelmini, Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, è che la cultura e il sapere siano inutili, perché comandano le leggi di mercato. Quali tagli vengono fatti? Alla cultura. Quali mestieri vengono sottopagati, poco rinonosciuti e precari? Quelli legati alle parole, all'insegnamento, all'educazione, alla creatività. E questo proprio non mi va giù. "La cultura è il pane della società". Invece in Italia la cultura resta il settore dove si investe di meno. Allora ci si iscrive tutti a Economia e Commercio e amen! Un posto di lavoro e un guadagno sono garantiti... (provocazione).

Sull'argomento rimando al blog (http://laculturasottile.wordpress.com) di Fausto Colombo, il mio ex prof. di Teoria e tecnica delle comunicazioni sociali:
"Leggo il seguente commento del Ministro Gelmini sulla laurea in scienze della comunicazione.
Penso, dal profondo del cuore che si tratti della dimostrazione della natura fortemente ideologica di qualunque atto sull’università di questo ministro, di questo governo, di una larga parte della classe dirigente italiana.
Non fate caso al fatto che si parli di scienze della comunicazione, ma delle parole che vengono dopo, da cui si evince che una laurea è utile se serve a trovare lavoro. Cioè il sapere è utile solo e soltanto se è strumentale al trovare lavoro.
A qualcuno viene ancora in mente che il sapere fa trovare lavoro perché è una qualità in sé? Di cui le nostre società hanno bisogno più che mai? E che semmai occorre chiedersi com’è stato possibile che il sapere sia stato trasformato in una cosa inutile a meno che non sia nobilitato dal fatto che qualcuno ti assume? Il che vuol dire che abbiamo lasciato che un mercato cieco e miope, dove certo non sono mica tutti geni, decidesse di cosa bisognava o non bisognava insegnare?
Questo è il nostro sinistro ministro dell’università? Sorry, not in my name."

E concludo il post con una citazione di John Keating, il professore dell'Attimo fuggente: "...Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore... sono queste le cose che ci tengono in vita."

mercoledì 12 gennaio 2011

Sogni nel cassetto


(illustrazione di Gustavo Aimar)

"Uno che dice di voler fare il libraio mi diventa subito simpatico. Da ragazzo a volte pensavo che mi sarebbe piaciuto fare il libraio. Lo pensavo per via di una visione romantica e del tutto irrealistica di quel lavoro che, secondo me, sarebbe consistito essenzialmente nel trascorrere il tempo leggendo gratis tutto quello che volevo. Solo di tanto in tanto sarei stato interrotto dall'ingresso di un cliente, che comunque si sarebbe ben presto dileguato, per non disturbare eccessivamente la mia lettura."
(Le perfezioni provvisorie, Gianrico Carofiglio)

lunedì 10 gennaio 2011

Dialogo nel buio



All'inizio sono un po' agitata... Mentre percorro il primo corridoio ed entro nella semioscurità, con la punta del bastone che segue il pavimento, penso "Non ce la farò mai". Poi conosco Matteo, la nostra guida, sento la presenza degli amici vicini e del mio fidanzato e mi lascio andare. Alla parte di me che "vede", ma non con gli occhi. Le mani curiose seguono le pareti. Ambiente dopo ambiente, scopro oggetti, profumi. Anche i suoni mi guidano. E dove non arrivano i sensi arriva l'immaginazione. La vivo come un gioco...
Matteo ci aiuta tantissimo. Grazie alla sua voce rassicurante e avvolgente. È bello quando mi prende la mano... Lo sento familiare questo gesto.
Dopo un'ora e mezza al buio, quando esco alla luce, mi gira la testa.

venerdì 7 gennaio 2011

L'illusionista (The Illusionist)





Seconda metà degli anni Cinquanta. Un anziano illusionista, che ha i tratti e le movenze di Tati, e un'ingenua ragazzina si incontrano. La fine di un'epoca (quella del coniglio che esce dal cilindro) e l'arrivo del rock'n'roll. Parigi, Scozia ed Edimburgo riprodotte da un disegno "acquerellato", dai colori pastello, delicati.
Parlano le immagini. Accompagnate dalla musica.
E la sceneggiatura di Jacques Tati! Che era rimasta conservata gelosamente, per circa cinquant'anni, al Centre National de la Cinématographie di Parigi.
Il sipario cala... per maghi, clown, acrobati... e per tutti quelli che vogliono ancora sognare... Le illusioni finiscono? Sempre? Forse il VERO spettacolo della vita è per pochi!
Avrei voluto entrare per un attimo nel film, abbracciare l'illusionista e tornare in sala.
Bello! Bello! Divertente e malinconico. Emozionante.

Quattro stelline ****

p.s.: Piccolo ringraziamento anche alla Sacher di Nanni Moretti :-)

The Illusionist
Sylvain Chomet
Gran Bretagna, Francia 2010

lunedì 3 gennaio 2011

Lista (random) dei buoni propositi per il 2011


(illustrazione di Gustavo Aimar)

- Sorridere di più
- Non avere paura
- Leggere più di venti libri (non meno!)
- Essere una buona compagna (non far scappare il fidanzato!)
- Non mangiarmi le unghie
- Tonificare pancia, cosce, glutei
- Impruv mai inglisc
- Fare un mio dizionario dei film
- Scoprire nuovi posti nel mondo e fare tante belle foto
- Cambiare la lampadina della cucina!

Auguri per un 2011 arancione!