domenica 20 febbraio 2011

Marinai perduti


(foto di Yann_R)

"Io ho conosciuto il mare così. Sulle ginocchia di mio padre. Così ho imparato la storia, la geografia. E la letteratura ha iniziato così ad avere un senso. Per lo meno quella che sa raccontarci che esistono mari in cui non potremo mai tuffarci, porti in cui non potremo mai scoparci delle ragazze. E paesi che sopravviveranno alla stronzaggine del genere umano."

(Marinai perduti, Jean-Claude Izzo)

giovedì 17 febbraio 2011

Lettera aperta di Jafar Panahi


Il mondo di un regista è segnato dalla interazione tra realtà e sogno. Il regista usa la realtà come ispirazione, dipinge con il colore della sua immaginazione e crea film che sono una proiezione delle sue speranze e dei suoi sogni.

La realtà è che nei passati cinque anni mi è stato impedito di fare film e ora sono ufficialmente condannato ad essere privato di questo diritto per altri venti anni. Ma so che continuerò a trasformare i miei sogni in film nella mia immaginazione. Ammetto come regista socialmente consapevole che non sarò in grado di rappresentare i problemi quotidiani e le preoccupazioni del mio popolo, ma non voglio negarmi il sogno che tra vent’anni tutti i problemi saranno spariti e, una volta che avrò di nuovo la possibilità, farò film sulla pace e la prosperità nel mio paese.

La realtà è che mi hanno privato del pensiero e della scrittura per venti anni, ma loro non possono impedirmi di sognare che tra vent’anni inquisizione e intimidazione saranno sostituiti dalla libertà e dalla libertà di pensiero.

Mi hanno privato della possibilità di vedere il mondo per venti anni. Spero che quando sarò libero, sarò in grado di viaggiare in un mondo senza barriere geografiche, etniche e ideologiche, in cui le persone vivano insieme liberamente e pacificamente, indipendentemente dalla loro credenze e convinzioni.

Mi hanno condannato a venti anni di silenzio. Eppure nei miei sogni io urlo in favore del momento in cui noi saremo in grado di tollerare l’altro, di rispettare i pareri degli altri e di vivere per gli altri.

In definitiva, la realtà del mio verdetto è che devo passare sei anni in carcere. Vivrò per i prossimi sei anni sperando che i miei sogni possano diventare realtà. Spero che i miei colleghi registi, in ogni angolo del mondo, creino film tanto grandi che, quando lascerò il carcere, sarò ispirato a continuare a vivere nel mondo che hanno sognato nei loro film.

Quindi da ora in poi, e per i prossimi vent’anni, mi trovo costretto a tacere. Sono costretto a non poter vedere, sono costretto a non poter pensare, sono costretto a non essere in grado di fare film.

Mi sottometto alla realtà della prigionia e dei miei carcerieri. Cercherò la realizzazione dei miei sogni nei vostri film, sperando di trovare in essi quello che mi è stato tolto.

Jafar Panahi

(Lettera aperta di Jafar Panahi in occasione della cerimonia d’apertura della 61ma Berlinale)

venerdì 11 febbraio 2011

Se non ora quando?


È proprio una bella domanda. Da porsi di giorno, di notte, di lunedì, di domenica, di fronte allo specchio, durante una passeggiata... nei diversi ambiti della nostra vita.

giovedì 3 febbraio 2011

Il discorso del re



È la storia di Bertie, Duca di York, ma potrebbe essere quella di qualsiasi uomo che, a causa di una grave forma di balbuzie, convive sin da piccolo con l'insicurezza e un forte complesso di inferiorità, all'interno della sua stessa famiglia: il padre è burbero e l'esuberante fratello lo prende in giro.
Certo, quando quest'uomo è il secondogenito di re Giorgio V, e con un pezzo di storia sulle spalle, il problema è più complesso. La balbuzie gli blocca le parole. Proprio mentre nel mondo un altro "leader" inizia a fare la sua folle propaganda.
L'Inghilterra aspetta il suo Re. E anche la radio.
"Perché Bertie ha una profonda voce interiore ma non riesce ad esprimerla. E per rappresentare il suo popolo deve capire se stesso e tirare fuori ciò che possiede." (cit.).
Ci vogliono una moglie premurosa ma decisa, un simpatico ed eccentrico logopedista (e attore fallito!) di origine australiana e tanta forza di volontà per superare la paura. B-bb-bb-bertie diventa Re Giorgio VI. Pronto a guidare, anche con la voce, il suo Paese. E pronto ad aprirsi a una meravigliosa amicizia.
La regia è convincente. Tom Hooper, passando dalla Tv al cinema, se la cava bene. Particolari le inquadrature dal basso, quasi a rendere caricaturali i lineamenti, o dall'alto. I microfoni, inquadrati dal regista in primo piano, sono grandi e minacciosi.
Punti di forza: gli attori (Geoffrey Rush è strepitoso, come Colin Firth) e i dialoghi.
Punto debole: la lunghezza (sono troppi 111 minuti.)
Nel finale ho sofferto insieme al re. Percepivo l'ansia. Come prima di ogni esame universitario!

Tre stelline ***

p.s.: gli amanti harrypotteriani/burtoniani non possono non riconoscere la grande Helena Bonham Carter e "Codaliscia" Timothy Spall, qui nel ruolo di Winston Churchill.

The King's Speech
Tom Hooper
Gran Bretagna, Australia 2010

martedì 1 febbraio 2011

Accabadora (incipit)


Fillus de anima.
È così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo dell'anima di Bonaria Urrai.
Quando la vecchia si era fermata sotto la pianta del limone a parlare con sua madre Anna Teresa Listru, Maria aveva sei anni ed era l'errore dopo tre cose giuste. Le sue sorelle erano già signorine e lei giocava da sola per terra a fare una torta di fango impastata di formiche vive, con la cura di una piccola donna. Muovevano le zampe rossastre nell'impasto, morendo lente sotto i decori di fiori di campo e lo zucchero di sabbia. Nel sole violento di luglio il dolce le cresceva in mano, bello come lo sono a volte le cose cattive.
(Accabadora, Michela Murgia)