domenica 30 ottobre 2011

L'uccello-giraviti



"Se tu adesso perdi il tuo nome, come ti posso chiamare?"
"Uccello-giraviti" dissi. Almeno io avevo un nuovo nome.
"Uccello-giraviti" ripetè lei. Poi restò un momento a guardare quelle due parole fluttuare nell'aria. "Penso che sia un nome bellissimo, ma che razza di uccello è?"
"Esiste davvero. Che aspetto abbia però non lo so, non l'ho mai visto, l'ho solo sentito cantare. Si ferma sul ramo di un albero da queste parti, e si mette a stringere una dopo l'altra le viti del mondo, con un rumore stridente. Se smette, il mondo smette di funzionare. Però non lo sa nessuno. Tutti pensano che ci sia qualcosa di più grande, più complicato e più bello a far girare il mondo. Invece lo fa girare lui, si sposta da un posto all'altro e a mano a mano che si sposta va stringendo le viti. Sono viti molto rudimentali, sembrano quelle dei giocattoli. Basta solo farle girare. Però le può vedere solo l'uccello-giraviti."
"L'uccello-giraviti - ripetè l'ex Creta - che gita le viti del mondo."
Alzai il viso e mi guardai intorno. Era la solita stanza che conoscevo bene, ci dormivo da quattro o cinque anni. Eppure sembrava stranamente vuota e ampia.
"Purtroppo però non so dove si trovino, quelle viti - dissi - e enanche che aspetto abbiano."
lei posò le dita sopra la mia spalla. Poi con i polpastrelli disegnò dei piccoli cerchi.
Io ero steso supino, e guardavo in silenzio una piccola macchia sul soffitto, aveva la forma di uno stomaco. Si trovava proprio il mio cuscino, ma non mi ero mai accorto che ci fosse. Da quando era lì? Da prima che io e Kumiko andassimo a vivere in quella casa? Oppure si era installata lì in silenzio, trattenendo il fiato, proprio sopra di noi, mentre noi dormivamo insieme in quella stanza? Finché un mattino mi ero accorto della sua presenza.
Sentivo di fianco a me il respiro caldo della donna che una volta si chiamava Creta. Sentivo l'odore doce del suo corpo. Lei continuava a disegnare piccoli cerchi sulla mia spalla. Avrei voluto prenderla ancora una volta tra le braccia, magari, ma non sapevo giudicare se fosse un'azione corretta o no. I rapporti tra le cose, alto e basso, destra e sinistra, erano troppo intricati. Rinunciai a pensare, e continuai a guardare in silenzio il soffitto.
Finché lei non venne a stendersi sopra di me, e mi baciò leggermente sulla guancia destra. Quando le sue labbra morbide toccarono la voglia, provai una sorta di profondo torpore.
Chiusi gli occhi e tesi le orecchie ai rumori del mondo. Sentii tubare da qualche parte un piccione. Costantemente, con pazienza. Quella voce era piena d'affetto nei confronti del creato. Celebrava l'arrivo del mattino estivo e annunciava alla gente l'inizio di una giornata. Però non bastava, pensai, qualcuno doveva farlo girare, il mondo.
"Penso che un giorno riuscirai a trovarle quelle viti, sai ?" disse l'ex Creta.
"Se è così - le chiesi senza aprire gli occhi - se un giorno riuscirò a trovarle e a stringerle, le cose torneranno a posto, questa vita insensata finirà?"
Lei scosse in silenzio il capo. Nei suoi occhi apparve una leggerissima traccia di compassione.
"Non lo so" disse.
"Non lo sa nessuno" risposi.
"Al mondo ci sono cose che è meglio non sapere" aveva detto il tenente Mamiya.

(L'uccello che girava le viti del mondo, Haruki Murakami)

Nessun commento: